Ruby per chi conosce altri linguaggi

La prima volta che darai un’occhiata a del codice scritto in Ruby, ti farà venire in mente altri linguaggi di programmazione che hai già usato. Questo non è un caso: molti aspetti sintattici risulteranno familiari a coloro che conoscono Perl, Python e Java (tra gli altri), quindi se hai già usato uno di questi linguaggi, imparare Ruby sarà facilissimo.

Questo documento contiene due sezioni principali: la prima descrive che cosa gli utenti che conoscono altri linguaggi possono aspettarsi quando proveranno Ruby, mentre la seconda entra un po’ di più nel dettaglio sulle caratteristiche di Ruby e sul come si possano paragonare a quanto ti è già familiare.

Cosa c’è da aspettarsi: Da Linguaggio X a Ruby

Caratteristiche importanti e peculiarità

In questa sezione sono descritte brevemente alcune caratteristiche particolari di Ruby.

Iterazione

Due caratteristiche che si discostano da quello che puoi aver già visto in altri linguaggi sono i “blocchi” e gli iteratori. Invece di iterare su un indice (come in C, C++, o Java pre-1.5), o su una lista (come il for (@a) {...} di Perl o il for i in aList: ... di Python), con Ruby vedrai spesso costrutti come:

una_lista.each do |questo_elemento|
  # Dentro il blocco:
  # facciamo qualcosa con questo_elemento
end

Per maggiori informazioni su each e simili (collect, find, inject, sort, ecc.) vedi ri Enumerable (e poi ri Enumerable#nome_funzione).

Ogni cosa ha un valore

Non c’è differenza tra un’espressione e uno statement: ogni cosa ha un valore, anche se tale valore è nullo (nil):

x = 10
y = 11
z = if x < y
      true
    else
      false
    end
z # => true

I Simboli non sono Stringhe!

Molti neofiti di Ruby hannno difficoltà a capire cosa sono i simboli (Symbols) e a che cosa servono. I simboli possono essere intesi, di fatto, come degli identificatori usati per riferirsi ad altri oggetti. Per capire la differenza, prova a scrivere le espressioni seguenti in irb:

irb(main):001:0> :pippo.object_id == :pippo.object_id
=> true
irb(main):002:0> "pippo".object_id == "pippo".object_id
=> false
irb(main):003:0>

Il metodo object_id ritorna l’identità di un’oggetto. Se due oggetti hanno la stessa object_id allora sono di fatto la stessa cosa (puntano entrambi al medesimo oggetto in memoria).

Come puoi vedere, una volta usato un simbolo, qualsiasi altro simbolo con lo stesso nome si riferirà allo stesso oggetto in memoria, e ognuno di questi simboli ritornerà quindi la medesima object_id.

Diamo un’occhiata più da vicino alle stringhe (“pippo”) nella seconda espressione: ognuna delle due stringhe ha una propria object_id, cioè mappa un oggetto diverso in memoria. Ciò non avviene con simboli con lo stesso nome, che puntano sempre al medesimo oggetto. Se sei indeciso se usare una stringa o un simbolo, pensa a cosa è più importante a seconda del caso: l’identità di un’oggetto (per esempio una chiave di una Hash) o il contenuto (“pippo”, nell’esempio precedente).

Ogni cosa è un oggetto

Questa frase non è un’iperbole: anche classi e numeri interi sono oggetti, puoi fare con loro le stesse cose che puoi fare con qualsiasi altro oggetto:

# Questo è la stessa cosa di:
# class MyClass
#   attr_accessor :instance_var
# end
MyClass = Class.new do
  attr_accessor :instance_var
end

Costanti variabili

Le costanti non sono realmente “costanti”. Se modifichi una costante che è già stata inizializzata, questo causerà un messaggio di errore, ma non interromperà l’esecuzione del programma. Tuttavia questo non vuol dire che tu debba per forza ridefinire delle costanti!

Convenzioni sui nomi

Ruby usa delle specifiche convenzioni sui nomi dei suoi elementi:

  • Se un’identificatore inizia con una maiuscola è una costante.
  • Se inizia con il simbolo del dollaro ($) è una variabile globale.
  • Se inizia con @ è una variabile di istanza.
  • Se inizia con @@ è una variabile di classe.

Tuttavia i metodi possono avere un’iniziale maiuscola, anche se questo può causare confusione, come nell’esempio seguente:

Costante = 10
def Costante
  11
end

In questo modo, Costante è 10, ma Costante() è 11.

Parametri nominali

Come in Python, dalla versione 2.0 di Ruby è possibile definire metodi con parametri nominali:

def consegna(da: 'A', a: nil, via: 'mail')
  "Invio da #{da} a #{a} via #{via}."
end

consegna(a: 'B')
# => "Invio da A a B via mail."
consegna(via: 'Pony Express', da: 'B', a: 'A')
# => "Invio da B a A via Pony Express."

Verità universale

In Ruby ogni cosa eccetto nil e false è interpretato come true, mentre in C, Python e molti altri linguaggi, 0 e magari anche altri valori sono interpretati come false.

Diamo un’occhiata al seguente codice in Python (questo esempio si applica anche ad altri linguaggi):

# in Python
if 0:
  print("0 è true")
else:
  print("0 è false")

Questo stamperà “0 è false”, mentre l’equivalente in Ruby:

# in Ruby
if 0
  puts "0 è true"
else
  puts "0 è false"
end

Stampa “0 è true”.

I modificatori di accesso si applicano fino alla fine dello scope

Nel seguente codice Ruby:

class MiaClass
  private
  def un_metodo; true; end
  def un_altro_metodo; false; end
end

Ci si potrebbe aspettare che un_altro_metodo sia pubblico, ma non è così: il modificatore di accesso private continua fino alla fine dello scope, o fino a quando un altro modificatore di accesso venga specificato.

I metodi sono pubblici di default:

class MyClass
  # un_metodo è pubblico
  def un_metodo; true; end

  private

  # un_altro_metodo è privato
  def un_altro_metodo; false; end
end

public, private e protected sono, di fatto, dei metodi, e come tali accettano anche dei parametri. Per modificare la visibilità di un solo metodo, per esempio, è sufficiente passare un simbolo a tale metodo come parametro di un modificatore di accesso per cambiarne la visibilità.

Accesso ai metodi

In Java, public significa che un determinato metodo è accessibile da tutti. protected vuol dire invece che solamente le istanze della classe o delle sue classi derivate e classi nello stesso package possono accedere al metodo, e private implica che nessuno tranne le istanze della medesima classe ha accesso al metodo.

Ruby differisce leggermente: public vuol dire sempre pubblico, ma private implica che i metodi sono accessibili solo quando non sono chiamati con un ricevente esplicito, solamente self può essere usato come ricevente per una chiamata ad un metodo pubblico.

protected è il più inusuale dei tre. Un metodo protetto può essere chiamato da un’istanza della classe o delle sue derivate, ma anche con un’altra istanza come receiver. Per chiarificare meglio il concetto, consideriamo questo semplice esempio adattato dalle Ruby Language FAQ:

class Test
  # public per default
  def identifier
    99
  end

  def ==(other)
    identifier == other.identifier
  end
end

t1 = Test.new  # => #<Test:0x34ab50>
t2 = Test.new  # => #<Test:0x342784>
t1 == t2       # => true

# rendiamo `identifier' protetto, e viene sempre
# ritornato true, perchè t2 è pur sempre un'istanza di Test

class Test
  protected :identifier
end

t1 == t2  # => true

# ora rendiamo `identifier' privato

class Test
  private :identifier
end

t1 == t2
# NoMethodError: private method `identifier' called for #<Test:0x342784>

Classi aperte

In Ruby, tutte le classi sono “aperte”. Questo vuol dire che puoi aggiungere metodi e variabili e cambiarle in qualsiasi momento, e questo vale anche per classi interne, come Integer o anche Object, il “genitore” di tutti gli oggetti. Ruby on Rails, per esempio, definisce una serie di metodi per fare operazioni temporali con oggetti Integer:

class Integer
  def hours
    self * 3600 # numero di secondi in un'ora
  end
  alias hour hours
end

# 14 ore dalla mezzanotte del primo gennaio 2006
Time.mktime(2006, 01, 01) + 14.hours # => Sun Jan 01 14:00:00

Metodi con nomi “strani”

In Ruby, i nomi dei metodi possono terminare con punti esclamativi o interrogativi. Per convenzione, metodi che rappresentano delle risposte a delle domande (es. Array#empty? ritorna true se il ricevente è vuoto) finiscono con un punto interrogativo, mentre metodi potenzialmente “pericolosi” (modificano il ricevente o i gli argomenti, exit! ecc.) finiscono, sempre per convenzione, con un punto esclamativo.

Non tutti i metodi che cambiano i propri argomenti finiscono con un punto esclamativo, però. Questo è il caso di Array#replace che sostituisce il contenuto di un array con il contenuto di un altro array, semplicemente perchè non avrebbe molto senso avere un metodo come questo che non modifica il ricevente.

Metodi singleton

I metodi singleton sono dei metodi ad hoc per singoli oggetti, e sono pertanto definibili sull’oggetto per il quale sono stati definiti.

class Automobile
  def ispeziona
    "Macchina a buon mercato"
  end
end

porsche = Automobile.new
porsche.ispeziona # => Macchina a buon mercato
def porsche.ispeziona
  "Macchina costosa"
end

porsche.ispeziona # => Macchina costosa

# Gli altri oggetti non sono affetti dalla ridefinizione
altra_auto = Automobile.new
altra_auto.ispeziona # => Macchina a buon mercato

Metodi Mancanti

Ruby non si arrende se non riesce a trovare un metodo che risponde ad un particolare messaggio, e chiama il metodo method_missing con il nome del metodo non trovato e i relativi argomenti. Di default, method_missing causa un’eccezione NameError, ma è possibile ridefinirlo a seconda delle esigenze di una particolare applicazione, e così fanno molte librerie. Ecco un esempio:

# id è il nome del metodo chiamato, l'asterisco
# fa si che tutti gli argomenti del metodo siano
# immagazzinati in un array chiamato 'argomenti'
def method_missing(id, *argomenti)
  puts "Il metodo #{id} è inesistente - è stato chiamato con " +
       "i seguenti argomenti: #{argomenti.join(", ")}"
end

__ :a, :b, 10
# => l metodo #{id} è inesistente - è stato chiamato
# con i seguenti argomenti: a, b, 10

Questo esempio stampa i dettagli della chiamata, ma è possibile gestire il messaggio nel modo più appropriato, a seconda delle proprie esigenze.

Scambi di messaggi, non chiamate a funzioni

Una chiamata ad un metodo è, di fatto, un messaggio per un altro oggetto:

# Questo:
1 + 2
# è equivalente a:
1.+(2)
# che è lo stesso di
1.send "+", 2

I blocchi sono degli oggetti, ma non lo sanno ancora

I blocchi (ma chiamiamoli pure closure), sono usati moltissimo nella libreria standard. Per chiamare un blocco, è possibile usare yield oppure rendere il blocco un oggetto Proc aggiungendo un argomento speciale, così:

def blocco(&il_blocco)
  # Qui dentro, il_blocco è il blocco passato al metodo:
  il_blocco # ritorna il blocco
end
sommatore = blocco { |a, b| a + b }
# sommatore è ora un oggetto Proc
sommatore.class # => Proc

È possibile anche creare dei blocchi fuori da chiamate a metodi, semplicemente chiamando Proc.new con un blocco o chiamando il metodo lambda.

Allo stesso modo, anche i metodi sono pur sempre oggetti:

method(:puts).call "puts è un oggetto!"
# => puts è un oggetto!

Gli operatori sono “zucchero sintattico”

Molti degli operatori sono solamente dello “zucchero sintattico” (con alcune regole di precendenza però) per delle chiamate a dei metodi. È possibile, per esempio, ridefinire il metodo ”+” della classe Integer:

class Integer
  # Puoi farlo, ma è meglio di no!
  def +(other)
    self - other
  end
end

Non c’è nemmeno bisogno di usare operator+, come in C++.

È possibile anche definire un modo di accedere a uno specifico elemento come in un array, definendo i metodi [] e []=, mentre per definire metodi unari + e – (pensa a +1 e -2, ad esempio), bisogna definire, rispettivamente, i metodi +@ e -@.

I seguenti operatori però non sono zucchero sintattico: non sono metodi e non possono essere ridefiniti:

=, .., ..., not, &&, and, ||, or, ::

Inoltre, +=, *= ecc. sono solo abbreviazioni di var = var + other_var, var = var * other_var, ecc. e quindi non possono essere ridefiniti.

Per saperne di più

Quando sei pronto per imparare di più su Ruby, dai un’occhiata alla sezione Documentazione.